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Le Lingue Minoritarie e Regionali – La Dimensione Europea

Le lingue locali – Un tema europeo (e globale)

La preservazione delle lingue locali e minoritarie, nonché la loro diffusione e valorizzazione, non è certo soltanto un problema che riguarda l’Italia. Tanti sono gli esempi da tutta Europa che spingono per un’azione comune, che sappia identificare gli ostacoli e proporre le soluzioni adatte. Dalla Frisia alla Galizia, dalla Sicilia alla Transilvania. Sono moltissime le storie che raccontano un coloratissimo scenario linguistico e culturale, che non può essere ignorato a lungo e con leggerezza. L’UNESCO conta circa 6000 lingue nel mondo. Se non viene fatto niente, la metà di queste si sarà estinta alla fine del ventunesimo secolo. Nell’Unione Europea, dalle 40 alle 50 milioni di persone parlano una delle sue 60 lingue regionali o minoritarie rappresentate ufficialmente. Senza contare quelle che non sono ancora state riconosciute, molte stanno scomparendo o sono già estinte.


Una risposta concreta e chiara viene dall’iniziativa popolare europea “Minority SafePack”, che ha raccolto 1,123,422 espressioni di supporto in molti paesi. L’iniziativa si rivolge soprattutto all’Unione Europea, chiedendo alle istituzioni comunitarie di fare di più affinchè le lingue minoritarie ricevano la protezione e il rispetto che meritano. In particolare, vengono sollecitati gli stati membri ad osservare in maniera più uniforme la clausola sulle minoranze contenuta nei Criteri di Copenhagen per l’adesione all’UE.







La risposta delle Istituzioni Europee – Tra Supporto ed Esitazione

L’appello di “Minority SafePack”, vista la sua natura di iniziativa popolare, è stato recepito dalle istituzioni europee, che, a fronte dell’alto numero di firmatari, hanno dovuto rispondere alle varie proposte avanzate. Il Parlamento Europeo si è dimostrato subito favorevole, condividendo a pieno le preoccupazioni espresse nell’iniziativa. Questo non dovrebbe sorprendere. Dopotutto, il Parlamento Europeo è un simbolo di diversità linguistica e culturale. Vi sono rappresentate tutte le 24 lingue ufficiali dell’Unione Europea, ed ogni parlamentare ha il diritto di intervenire nella propria lingua madre, con l’opzione di traduzioni simultanee per tutte le attività dell’organo legislativo.


Il sostegno alla diversità linguistica nell’Unione da parte del Parlamento ha radici profonde.

Già nel 2009, con una risoluzione intitolata “Multilinguismo: una risorsa per l'Europa e un impegno comune”, veniva espressa la necessità di promuovere ed ottenere “introduzione su base non obbligatoria delle lingue madri minoritarie, locali e straniere nei programmi scolastici e/o nel quadro di attività extrascolastiche aperte a tutti”. Nel 2013 si arriva poi ad un’azione ancora più specifica, quando viene approvata la risoluzione sulle “Lingue europee a rischio di estinzione e diversità linguistica”, che “invita l'Unione europea e gli Stati membri a mostrare maggiore sensibilità nei confronti della gravissima minaccia che molte lingue europee stanno affrontando e a impegnarsi strenuamente in una politica di salvaguardia e di promozione dell’eccezionale diversità del patrimonio linguistico e culturale dell'Unione”. Vengono condannate anche pratiche negative quali la discriminazione in base alla lingua e vengono incoraggiati gli stati che non lo hanno ancora fatto (tra cui l’Italia tutt’ora), a ratificare la Carta europea delle lingue regionali o minoritarie.


Viste però le limitazioni costituzionali del Parlamento Europeo, il suo ruolo in questo caso è soprattutto simbolico. Difatti, l’Unione Europea non ha competenze in materia di politiche linguistiche, educative e culturali, che invece rimangono saldamente in mano agli stati membri. Dove l’Unione può agire è nel promuovere e sostenere le molte iniziative che si impegnano ad implementare queste raccomandazioni, principalmente attraverso i fondi europei. Il programma Horizon Europe contiene ad esempio alcuni bandi in materia.


Questo “deficit” politico-legale lo si ritrova anche nella risposta negativa della Commissione Europea alle proposte di Minority SafePack, che ha ora lanciato un ricorso contro la decisione dell’organo esecutivo europeo di non agire. E’ sempre possibile intepretare questa decisione da parte della Commissione alla luce delle importanti differenze istituzionali che la distinguono dal Parlamento. Come entità decisamente più legale e tecnocratica, la Commissione tende a mantenersi in posizione neutra in quelle aree di competenza che possono potenzialmente sfociare in accesi scontri con gli stati membri.





Il dibattito più recente

Questa ‘linea’ è stata di nuovo espressa con chiarezza durante l’ultima sessione della commissione Petizione del Parlamento Europeo. La seduta ha avuto come argomento principale proprio la salvaguardia e la promozione del patrimonio linguistico regionale, ed è stata motivata dalle molte petizioni su questo tema che sono giunte dai cittadini. In particolare, vi erano due petizioni: una sulla preservazione della lingua soraba nella regione della Lusazia in Germania, l’altra sull’istituzione di centri territoriali dedicati alla valorizzazione linguistica. La Commissione Europea, rappresentata dal DG Cultura, Educazione, Innovazione, Giovani e Sport, è intervenuta durante la sessione per reiterare il fatto che le politiche linguistiche sono una competenza esclusiva degli stati membri, e che, nel caso della Lusazia, i cittadini potrebbero ricevere un sostegno più efficace da parte del Consiglio d’Europa, in quanto la Germania ha ratificato la Carta Europea delle lingue regionali e minoritarie. Altri membri del Parlamento hanno però sottolineato che la mancanza di basi legali e costituzionali non impedisce alla Commissione di mantenere alta la pressione politica su certi stati o su certe regioni affinché implementino tutte le misure necessarie a perseguire questi scopi.


Conclusione – Un problema comune, una strada ancora lunga

Troppo spesso si pensa che le lingue locali siano una questione locale. Tutt’altro. La soluzione ad un problema diffuso e comune può soltanto derivare da un’iniziativa comune. L’Unione Europea, con il suo motto “Unità nella Diversità”, non può che avviarsi verso una progressiva adozione di misure a favore di politiche linguistiche più aperte ed inclusive. Le molte azioni già intraprese dal Parlamento e dai cittadini dimostrano che, come per molti altri temi, è dal basso che si possono iniziare a cambiare le cose. In altre parole, è proprio la natura democratica e pluralista del patrimonio linguistico e culturale che deve andare a nutrire il dibattito a livello europeo. E’ con questo spirito che noi di DeVulgare portiamo avanti il nostro progetto di salvaguardia, raccogliendo le testimonianze di tutti quelli che vivono le lingue locali in prima persona.


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